Complesso fortificato di Monte Baranta
Una delle più antiche fortificazioni sarde, con poderose muraglie preistoriche dell'età del Rame.

Complesso fortificato di Monte Baranta
Complesso fortificato di Monte Baranta
Contatti
- Comune di Olmedo (SS)
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- Sito web
Informazioni di accesso
Da Olmedo percorrere la strada SP19 in direzione Alghero per circa 1,2 km, poi svoltare a sinistra, seguendo le indicazioni turistiche, per una strada sterrata e percorrerla per 850 m. Giunti all'area di parcheggio, un sentiero pedonale lungo circa 700 m condurrà sul pianoro dove si sviluppa il complesso archeologico.
Inserito all’interno di un suggestivo contesto paesaggistico, sul bordo orientale dell’omonimo pianoro trachitico, estrema propaggine meridionale dell’altopiano di Padru Salari, il complesso è uno dei più monumentali e significativi delle fasi finali della Preistoria sarda. È caratterizzato da un sistema difensivo costituito da una muraglia, che protegge un abitato di capanne, e da un recinto-torre costruito sul bordo precipite. All’esterno della muraglia è presente un’area sacra formata da un menhir e un circolo megalitico. Oltre all’area sacra, nella macchia mediterranea, si scorgono evidenti tracce di altre strutture che affiorano dal terreno.
Ercole Contu descrisse per primo la muraglia e il recinto-torre nel 1962. Gli scavi condotti da Alberto Moravetti (1979-1981, 2012-2014) permisero di definirlo come un abitato fortificato ascrivibile alla facies eneolitica di Monte Claro (metà del III millennio a.C.). La muraglia cinge la porzione “aperta” del pianoro, protetto su tre lati da uno scosceso dirupo, e si estende in direzione NS con andamento rettilineo, salvo per il primo tratto meridionale, in cui ripiega verso l’interno. È costituita da due paramenti con spessore interno composto da pietrame minuto: il paramento esterno è formato da blocchi, quello interno da pietre più piccole disposte a filari. L’accesso è situato in prossimità dell’estremità N ed è caratterizzato da un corridoio rettangolare che attraversa lo spessore murario. Appena superato il corridoio, sulla destra dell’ingresso, è presente una scalinata realizzata sul paramento murario interno, adibita probabilmente a servire un camminamento sopra la muraglia, di cui non rimane traccia. All’interno della muraglia sono state individuate sei capanne, con profilo murario rettilineo realizzato con blocchi disposti a unico filare. L’alzato e la copertura, di cui non rimane traccia, erano realizzati in materiale deperibile. Le capanne, di forma quadrangolare o trapezoidale, presentano resti di lastricati o acciottolati pavimentali e setti divisori che spartiscono lo spazio all’interno in diversi ambienti. Sul piano pavimentale si ritrova spesso una piccola fossa quadrangolare (50-60 cm di lato) delimitata da pietre, interpretata come focolare. Il menhir, a sezione poligonale, rastremata e sbiecata nell’estremità superiore, giace rovesciato sul terreno. Presenta una nervatura longitudinale ancora da sbozzare e un incavo in prossimità della base, che doveva avere funzione di manovra. Probabilmente il menhir non venne mai eretto: poggia infatti su un piano perfettamente levigato in cui è stato ritrovato un riquadro inciso sulla roccia che, se completato, avrebbe costituito l’alveolo in cui infiggerlo. Il circolo, situato a 13 m dal menhir, presenta una forma sub-circolare ed è costituito da almeno trenta lastroni di grandi dimensioni e un gran numero di pietre di piccola e media grandezza; nel tratto NW si apre un varco di circa 4 m. Il recinto-torre, situato a circa 60 m a SE della muraglia, a una quota più bassa, sul margine meridionale del pianoro, presenta una planimetria a forma di ferro di cavallo che cinge una superficie di 191,30 m2. Le estremità della struttura terminano sul profilo stesso del pianoro, lasciando il lato est sprovvisto di muratura poiché naturalmente difeso dallo strapiombo. La muratura esterna è realizzata in grossi blocchi irregolari appena sbozzati e messi in opera a filari, mentre in quella interna i blocchi sono di dimensioni minori e disposti in file orizzontali. Tra i due paramenti è presente un riempimento di pietrame minuto. L’accesso al cortile interno è consentito da due aperture, una a nord e una a ovest, costituite da ingressi a luce rettangolare sormontati da grossi architravi, che immettono in corridoi con copertura a lastre. All’interno del cortile, sul tratto di muratura a SW, è ricavata una scala che conduce alla sommità del monumento. Nella parete a NW è presente una nicchia sopraelevata di 1,80 m dal piano pavimentale. Il pavimento del cortile è costituito dal bancone roccioso, spianato e livellato con apporti di pietrame. La grandiosità delle strutture e la presenza di un importante spazio cultuale dimostrano la grande importanza del sito per la regione circostante. È probabile che altri nuclei abitativi, non lontani dal sito (Tanca Baranca, Padru Salari), facessero riferimento a Monte Baranta, sia per la difesa in caso di pericolo sia per le attività di culto.
Allo stato attuale delle conoscenze, la presenza di un circolo sacro che sembra non essere mai stato utilizzato pienamente, la mancata erezione del menhir di maggiori dimensioni, i blocchi e lastroni disseminati ai margini del complesso ancora in fase di lavorazione, danno l’idea di un insediamento abbandonato dai suoi abitanti prima ancora che fosse ultimata la fase edilizia.
Questo complesso fornisce una significativa testimonianza del frantumarsi dell’assetto socio-economico che aveva caratterizzato la precedente fase neolitica della Sardegna, nella quale, almeno finora, non sono state documentate strutture difensive (muraglie, fossati, terrapieni, etc.). Tale esigenza di difesa si riscontra in altre parti del Mediterraneo, nell’Egeo e in particolare nella penisola iberica e in Francia. Le fortificazioni, presenti soprattutto nella Sardegna centro-settentrionale, sono indicative di instabilità e di un senso di insicurezza che talora spinsero i gruppi eneolitici Monte Claro a stanziarsi sulle alture e ad integrare le difese naturali con poderose strutture. Questa visione strategica di controllo del territorio anticipa, con soluzioni architettoniche e concezioni difensive differenti, i primi monumenti nuragici come i protonuraghi (realizzati tra la fine del Bronzo antico e gli inizi del Bronzo medio) per poi diventare il connotato saliente della piena età nuragica. Il sistema fortificato prevede la scelta di un luogo alto, su estremità di pianori che si affacciano a strapiombo su vallate, dove l’area d’insediamento è definita dal margine scosceso dell’altura, e quindi dalla fortificazione che si colloca a sbarramento del lato più aperto e più debole.
I sondaggi di scavo condotti da Moravetti nell’area cultuale hanno restituito scarsi materiali ceramici e litici di cultura Monte Claro. La presenza dei monoliti sembra giustificare la destinazione sacra ipotizzata per questo tipo di monumenti. Nel corso degli scavi nella località di Sa Figu-Ittiri, diretti da Paolo Melis nel 2003, è stato documentato un circolo megalitico attribuibile a Monte Claro. Ma è soprattutto nell’insediamento di Biriai-Oliena, pubblicato da Editta Castaldi nel 1999, che si possono cogliere le analogie più significative per l’area sacra di Monte Baranta: diverse strutture di ambito Monte Claro sono in relazione con un circolo costituito da menhir, due dei quali ancora infissi nel terreno. L’area sacra di Monte Baranta poteva assolvere alla stessa funzione ipotizzata da Castaldi per Birai-Oliena: una sorta di osservatorio astronomico, solare e lunare, con funzioni calendariali, che consentiva di registrare il variare delle stagioni in rapporto ai lavori agricoli. A conferma dell’interesse suscitato dal complesso monumentale, della sua notorietà e della sua importanza nel contesto eneolitico sardo e mediterraneo, Monte Baranta è ampiamente presente nella letteratura archeologica europea.
Bibliografia
- Moravetti A. 2000, Il complesso prenuragico di Monte Baranta, Sardegna archeologica, Guide e itinerari 28.
- Doro L. 2023, Il complesso megalitico di Monte Baranta, Olmedo (SS), in G. Tanda, L. Doro, L. Usai, F. Buffoni (eds.), Arte e architettura nella Sardegna preistorica. Le domus de janas (candidatura unesco 2021), Cagliari: 82-89.